“La tavola periodica degli elementi è uno dei risultati più significativi nella scienza, ma, per quanto intuitiva, la sua concezione si basa su un’idea limitante, perché gli atomi sono composti da due tipi di particelle cariche che caratterizzano gli elementi: non solo gli elettroni negativi che orbitano attorno al nucleo, ma anche i protoni positivi che si trovano nel nucleo stesso”, spiega Yoshiteru Maeno dell’Università di Kyoto, riconoscendo la lungimiranza di Mendeleev nell’aggiungere spazio per i nuovi elementi che dovevano essere ancora scoperti.
“Fondamentalmente la concezione del 1869 si basa sul numero degli elettroni presenti in un atomo, e gli elementi considerati stabili sono quelli in cui le cariche negative hanno completato la struttura di orbite attorno al nucleo: due nella prima orbita, e otto dalla seconda in poi. I ‘gas nobili’ infatti sono quelli che non interagiscono con altri elementi perché non hanno bisogno di cedere o acquisire elettroni dato che tutte le posizioni nell’orbita più esterna sono occupate”, continua Maeno, riportando l’esempio di elio (2 elettroni), neon (10 elettroni) e argon (18 elettroni), i primi tre gas nobili della tavola periodica.
“Lo stesso principio può essere applicato anche ai protoni. Anche queste cariche positive possono raggiungere la stabilità del nucleo, scoperta che nel 1963 valse il premio Nobel per la fisica a Maria Goeppert-Mayer per aver proposto la struttura a guscio del nucleo atomico”, aggiunge Maeno, spiegando che Nucletouch evidenzia queste informazioni fornendo una nuova prospettiva sugli atomi e dando rilevanza ai nuclei stabili, quelli cioè che non tendono a perdere protoni. Tra gli elementi di questo tipo l’elio (2 protoni), l’ossigeno (8 protoni), o il calcio (20 protoni).
“Nella nostra tavola periodica nucleare, vediamo anche che i nuclei tendono ad avere una forma sferica vicino alle situazioni di stabilità, mentre si deformano allontanandosi da questa conformazione. Speriamo che appassionati e accademici troveranno utile questa nuova concezione”, conclude Kouichi Hagino, collega e coautore di Maeno.
Nucletouch la tavola periodica nucleare
Il 2019 è stato l’anno internazionale della tavola periodica. Si è festeggiato il 150mo anno da quando il chimico russo Dmitrij Mendeleev presentò alla Società chimica russa la sua personale classificazione degli elementi chimici allora conosciuti. Il 2020 potrebbe essere l’anno zero di una nuova tavola periodica degli elementi.
Un team di fisici della Kyoto University, in un articolo pubblicato di recente su Foundations of Chemistry, ha infatti presentato una tavola periodica che fornisce una classificazione diversa dei mattoni dell’universo: l’hanno chiamata Nucletouch, e piuttosto che organizzare gli elementi in base agli elettroni attorno ai nuclei, questa nuova tavola lo fa guardando ai protoni nel nucleo.
Nella tavola periodica classica, quella che vedete qui sopra, l’ordine con il quale gli elementi chimici sono disposti rispecchia non solo l’ordine crescente del loro numero atomico ma anche la sequenza di riempimento degli orbitali: spostandosi da sinistra verso destra si aggiunge man mano un elettrone, e quando il livello energetico è completo si va a capo e si passa alla riga successiva.

Kouichi Hagino e Yoshiteru Maeno della Kyoto University hanno fatto esattamente questo: hanno creato una tavola periodica nucleare basata sulla struttura a guscio dei nuclei atomici, nella quale gli elementi sono classificati seguendo l’ordine di riempimento dei protoni.

«Fondamentalmente», dice Maeno riferendosi alla tavola periodica classica, «tutto si riduce agli elettroni in ogni atomo. Gli atomi sono considerati stabili quando gli elettroni riempiono completamente l’orbitale esterno attorno al nucleo, i cosiddetti ‘gas nobili’: elementi inerti come elio, neon e argon, che raramente reagiscono con altri elementi. Il loro numero di elettroni è 2, 10, 18, 36 e così via». Una sequenza che Maeno chiama “numeri magici atomici”.
Sottolineando come lo stesso principio possa essere applicato ai protoni nel nucleo, anche se nel loro caso la sequenza dei numeri magici cambia: 2, 8, 20, 28 e così via. E cambiano con essa anche gli elementi che vanno a occupare l’ultima colonna, quella con i nuclei più stabili.
«Similmente a quanto avviene con gli elettroni», spiega a questo proposito l’altro creatore di Nucletouch, Hagino, «quando le orbite nucleari sono riempite dai protoni formano nuclei stabili, in modo analogo a quanto avviene per i gas nobili». Nuclei di elementi familiari come l’elio, l’ossigeno e il calcio.

«Nella nostra tavola periodica nucleare», aggiunge lo scienziato, «vediamo anche che i nuclei tendono ad avere una forma sferica quando si avvicino a raggiungere i numeri magici, deformata quando sono lontani da questa configurazione».
«L’idea di una tavola periodica dei protoni non è male», dice a Media Inaf Sergio Cristallo, ricercatore all’Osservatorio astronomico d’Abruzzo dell’Inaf ed esperto di nucleosintesi, «perché invece che concentrarsi sugli elettroni si concentra sui protoni.
Dal punto di vista della fisica, un astrofisico la dovrebbe apprezzare decisamente di più, perché insiste sulle proprietà dei nuclei. Questo perché negli interni stellari i nuclei sono privati del tutto degli elettroni, dunque la classificazione che si dà agli elementi sulla Terra verrebbe a cadere».
Modello nucleare a shell
In fisica nucleare e chimica nucleare, il modello nucleare a shell è un modello del nucleo atomico che usa il principio di esclusione di Pauli per descrivere la struttura del nucleo in termini dei livelli energetici.
Il primo modello a shell fu proposto da Dmitry Ivanenko (insieme a E. Gapon) e quindi sviluppato nel 1949 a seguito del lavoro indipendente di altri fisici, tra i quali in particolare Eugene Wigner, Maria Goeppert-Mayer e J. Hans D. Jensen ai quali venne congiuntamente assegnato il premio Nobel per la fisica nel 1963 per il loro lavoro in questo campo.

Il modello a shell del nucleo è parzialmente analogo al modello atomico a shell che descrive la disposizione degli elettroni in un atomo, in particolare la configurazione di “shell piena” ha particolare stabilità. In modo analogo quando un nucleone (un protone o un neutrone) viene aggiunto al nucleo si osserva che ci sono delle situazioni in cui l’energia di legame di un nucleo successivo è significativamente più bassa della precedente.
Questa osservazione è stata caratterizzata con l’espressione “numeri magici”, ovvero le configurazioni contenenti 2, 8, 20, 28, 50, 82 o 126 nucleoni risultavano particolarmente più stabili di quelle contenenti un nucleone in più. Il modello a shell del nucleo si basa su questo fatto sperimentale.
Si noti che le shell esistono sia per i protoni che per i neutroni separatamente, così che si può parlare di “nucleo magico” quando uno dei due tipi di nucleoni raggiunge un numero magico e di “nuclei doppiamente magici” quando lo sono entrambi.
Date alcune variazioni nel riempimento degli orbitali i numeri magici massimi sono 126 e 184 per i neutroni ma solo 114 per i protoni. Sono stati trovati dei numeri semimagici, in particolare Z=40, 16 potrebbe essere un ulteriore numero magico.
Per ottenere questi numeri, il modello nucleare a shell parte da un potenziale medio al quale viene aggiunto un termine di interazione spin-orbita. Ulteriori termini empirici, dati ancora dall’accoppiamento spin-orbita nucleare (detti complessivamente “termine di Nilsson”), devono essere tuttavia aggiunti per riprodurre precisamente i dati sperimentali.
In ogni caso i numeri magici dei nucleoni, così come altre proprietà, possono essere ricavati approssimando il modello con un oscillatore armonico quantistico tridimensionale con una interazione spin-orbita. Un potenziale più realistico (ma anche più complesso) è il potenziale di Woods-Saxon.
Igal Talmi ha successivamente sviluppato un metodo per ottenere informazioni dai dati sperimentali e lo ha utilizzato per predire energie che non erano state misurate precedentemente. Questa descrizione si è poi sviluppata nel modello a bosoni interagenti.
Riferimenti e approfondimenti
- Foundations of Chemistry l’articolo “A nuclear periodic table” di K. Hagino e Y. Maeno
- Nuclear Shell Model, su hyperphysics.phy-astr.gsu.edu.
- Articolo sul “modello nucleare a shell” in cui sono riportati i riempimenti delle shell per vari elementi.
- A. Ozawa, T. Kobayashi, T. Suzuki, K. Yoshida e I. Tanihata, New Magic Number, N=16, near the Neutron Drip Line, in Physical Review Letters, vol. 84, n. 24, 2000, p. 5493, Bibcode:2000PhRvL..84.5493O, DOI:10.1103/PhysRevLett.84.5493, PMID 10990977.
- I. Talmi e A. de-Shalit, Nuclear Shell Theory, Academic Press, (reprinted by Dover Publications), 1963, ISBN 0-486-43933-X.
- I. Talmi, Simple Models of Complex Nuclei: The Shell Model and the Interacting Boson Model, Harwood Academic Publishers, 1993, ISBN 3-7186-0551-1.
- Nuclear Shell Model Web Portal, su cosmo.volya.net.
- “On single nucleon wave functions”, lezione di I. Talmi (24 novembre 2010) al RIKEN Nishina Center
- Amici della Scienza